The Sound of Silence

Mi sono sempre domandato se le grandi canzoni nascano per caso. Se esista una formula per trasformare un motivetto canticchiabile e quattro semplici accordi in un brano memorabile. Se sia vero che le pene d’amore o delle circostanze particolarmente tristi, rendano più creativi o ancora se siano eventi che provocano un dolore condiviso, che non


si è capaci di esprimere se non per mezzo della propria arte, ad alimentare le fiamme dell’ispirazione.
Il 22 novembre 1963, un arpeggio spoglio a corredo della bozza di una malinconica melodia se ne stava li inerte in attesa di un’idea che gli desse una forma compiuta, ma fu l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, evento che scioccò l’intero popolo americano, a trascinare Paul Simon in un travolgente vortice emotivo, che produsse il testo che serviva per completare quella canzone rimasta da tempo nel cassetto ad aspettare.

In realtà le parole di Simon non si riferiscono esplicitamente all’evento che forse ne influenzò solo marginalmente la stesura, ma si basano invece sull’incapacità di comunicare il proprio disagio interiore e di come questa possa trasformarsi in una barriera invalicabile, un tema affrontato in maniera diversa anche da molti altri musicisti dagli Who, ai Pink Floyd, fino ai Metallica, tutti gruppi che sull’argomento scrissero interi album.
Chiuso al buio nella stanza da bagno, luogo alquanto singolare ma da lui apprezzato in modo particolare, Paul Simon lasciò che le parole fluissero liberamente, dettate probabilmente da quella condizione di estrema interiorizzazione del dolore avvertita in quel momento e al quale il riverbero naturale dovuto alle piastrelle, forniva un aspetto drammaticamente coreografico, al punto che il primo verso della canzone “Hello darkness my old friend”  fu ispirato proprio dalla particolare atmosfera di quella situazione.
Ne venne fuori una canzone che prima di essere un pezzo di storia della musica, è diventata, spesso in modo totalmente casuale, un motivo di sottofondo nella vita di molte persone, trasmessa milioni di volte dalle stazioni radio di tutto il mondo e parte della colonna sonora in diversi film dei quali “Il Laureato” è soltanto il più famoso.

Nella prima versione pubblicata su “Wednesday Morning, 3 A.M.”, disco d’esordio di Simon and Garfunkel, ripresa poi l’anno dopo dal solo Paul Simon nel suo primo album, simbolo iniziale di una serie infinita di divorzi e riappacificazioni,   l’arrangiamento è già pregevole pur se limitato alla linea melodica e all’armonioso accompagnamento di chitarra, ma fu il successo della rivoluzionaria “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan a suggerire al produttore Tom Wilson, che un trattamento simile avrebbe potuto funzionare anche sul brano di Paul Simon.

Inutile dire che la sua intuizione fu provvidenziale. Se il brano nella prima versione ebbe soltanto un timido riscontro che non servì a spingere nelle zone alte delle classifiche di vendita l’intero album che la ospitava, nella sua nuova veste, la canzone venne inserita nel secondo lavoro del duo, al quale diede anche il titolo e avviò definitivamente la carriera di Simon and Garfunkel verso la strada del successo che li avrebbe portati nonostante i continui attriti, fino ai giorni nostri, quali autori di brani altrettanto memorabili, nonché nel caso di Paul Simon, di colonne fondamentali nell’evoluzione del rock, quale è indubbiamente l’album “Graceland” del 1986.

A riprova della trasversalità di questa “canzonetta”, nell’arco dei cinquant’anni che ci separano dalla sua composizione, sono stati moltissimi i gruppi che ne hanno pubblicato una loro versione a partire dai Bachelor nel 1966, passando per la versione strumentale dei Ventures, fino alla gothic metal band tedesca Atrocity, ma probabilmente l’omaggio più toccante è stato quello ad opera dell’inedita coppia che Andrea Parodi, ex cantante dei Tazenda, formò con il virtuoso Al Di Meola.

“Deo Ti Gheria Maria”, titolo della loro versione, unisce l’arrangiamento dai sapori mediterranei del chitarrista italo americano, con il testo in lingua sarda del cantante riuscendo ad essere allo stesso tempo un componimento originale e un tributo rispettoso, dove il testo riscritto da Andrea, pur non essendo ovviamente la traduzione letterale delle parole di Paul Simon, riesce ad esserne la fedele trasposizione a livello emotivo.

Il fatto che nel decimo anniversario degli attentati alle Torri Gemelle, Paul Simon celebrò l’evento suonando e cantando “The Sound of Silence” a Ground Zero, concorre a confermare che nella percezione degli americani, questa canzone sia diventata più che un semplice insieme di parole e note e se apparve adeguata per esprimere il dolore di un intero popolo per la perdita di un Presidente sicuramente amato negli anni sessanta, ancora di più sembrò perfetta per manifestare l’angoscia e la voglia di risollevarsi un decennio dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001.
Non poco per una canzonetta.

 

Moreno Viola Written by: